Te lo sussurra Falpalà – Per questo mi chiamo Giovanni

Il 23 maggio 1992 viene assassinato il magistrato Giovanni Falcone.

Oggi c’è ancora chi crede che la mafia sia solo a Palermo e che Palermo sia solo mafia.

E oggi scelgo di parlarvi di un libro uscito nel 2004 ma attualissimo:

Per questo mi chiamo Giovanni.
Da un padre a un figlio il racconto della vita di Giovanni Falcone
Luigi Garlando – Bur Edizioni

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La prefazione dell’edizione a cui faccio riferimento è della sorella del magistrato: Maria Falcone.

Protagonista e voce narrante della storia è Giovanni, un bambino di quasi dieci anni che abita a Palermo. Per il suo decimo compleanno, il padre Luigi gli regala una giornata insieme da trascorrere in giro per la città e durante la quale scoprirà l’origine del suo nome, la storia di un grande magistrato e che cosa sia la mafia.

Durante la gita, papà Luigi racconta in maniera semplice e con metafore efficaci come nasce la mafia e quali siano le sue regole. Paragona la mafia a ciò che succede nella scuola di Giovanni, dove un bullo sfrutta i bambini più deboli della classe per estorcere soldi e favori nel silenzio complice dei compagni. Spiega a Giovanni cosa sia l’omertà e come ci renda implicitamente complici di leggi ingiuste.

Luigi racconta al figlio la storia di Giovanni Falcone, dagli studi al maxiprocesso, da Roma alla sua morte per mano della mafia. Racconta di come sia stato isolato con calunnie e manovre di potere.
Racconta di quando Giovanni ed i suo amico Paolo Borsellino furono allontanati da Palermo per poter continuare a lavorare sulla documentazione più grande di sempre e furono condotti per un’estate intera in un carcere in Sardegna: la prigione dell’isola di Asinara fu l’unica soluzione che garantiva una buona protezione dagli attentati.

Dai racconti del papà, Giovanni comincia a figurasi sempre più questo magistrato che ha tutte le caratteristiche di un supererore…
Anzi, Giovanni è molto meglio di un supereroe americano che può sparare ragnatele ai polsi, volare, respingere proiettili, togliersi la maschera e poi fa la vita normale. Giovanni è un uomo normale che per vincere ha dovuto rintanarsi come un topo, nuotare di notte da solo in piscina, sposarsi come un ladro, rinunciare al cinema, al ristorante. E forse anche a una mamma.

La loro gita per Palermo li conduce anche all’uscita dell’autostrada per Capaci dove Luigi racconta al figlio tutta la dinamica della strage: da come sia stata preparata riempiendo il tunnel di dimanite fino al clic del radiocomando. Qual giorno Giovanni era felice, aveva deciso di guidare lui con al suo fianco la moglie Francesca e nei sedili posteriori (come nell’auto davanti) la scorta.
L’esplosione fu pazzesca. La morte immediata.
Forse Giovanni non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo. Forse morì sentendosi felice per essere tornato nella sua Palermo.

Era il 23 maggio 1992 e mentre tutta Palermo era sconcertata e in subbuglio, Luigi correva in ospedale perché stata per diventando padre.
Non sapevo ancora cosa fosse successo. L’ho saputo solo alla sera, dal telegiornale, quando io ero già l’uomo più felice del mondo, perché tutto era andato bene (…) Ero l’uomo più felice del mondo nel giorno più brutto per Palermo, che aveva perso il suo uomo migliore. Quell’uomo era morto anche per me, per difendere i miei negozi, la mia casa, la mia città. Per lottare contro il mostro al mio posto aveva rinunciato ad avere un figlio, cioè alla gioia più grande che si possa provare sulla terra.

Ma ci sono ancora delle tappe in questa gita di compleanno che aspettano Luigi e Giovanni. E sono le mie preferite.
La prima è l’aereporto di Palermo: l’aereoporto Falcone-Borsellino.
Perché Palermo non è la città della mafia. Palermo è la città di Giovanni, di Paolo, di Peppino… e tutti lo devono sapere. Palermo è una città che sa rispondere, è la città che, come direbbe Falcone, se pure “avete chiuso 5 bocche, ne avete aperte 50 mila“.

Poi c’è la sosta in via Notarbartolo al numero 23, dove Giovanni viveva con Francesca e dove (nella cesetta con i vetri antiproiettile dove stavano le guerdie quando Giovanni era fuori) oggi c’è l’Albero Falcone che fiorice di messaggi e dediche. Quei biglietti fanno parte della vittoria di Giovanni.
“Questo albero, che è l’albero della speranza e della voglia di combattere, piantato nel cuore di Palermo, visibile fino in Australia, è il simbolo del suo trinfo: è la coppa dei Campioni di Giovanni… Non possono abbatterlo neppure con mille tonnellate di tritolo. perché la speranza, una volta accesa, non si spegne più. Non lasciarti ingannare dalle foto di Capaci: la storia che ti ho raccontato è la storia di un eroe vittorioso. Perché Giovanni ha vinto. Anzi, ha stravinto…Oramai, dovresti averlo capito.”

L’ultimo grande incontro è con Maria Falcone che da anni porta avanti la speranza che il fratello ha acceso.

Il motivo per cui scelgo di urlarvi questo libro è che si tratta di un libro pieno di amara veirtà ma anche pieno di speranza. E’ un libro che mira direttamente al domani, agli uomini e le donne che i bambini che lo leggono sceglieranno di essere, ai genitori che si sceglie di essere.
La prima grande testimonianza per un bambino è la testimonianza attiva, l’azione. I bambini percepiscono tutta la coerenza e la verità delle parole e delle scelte.
Per questo io vi consiglio di regalare questo libro ai vostri figli, ai vostri nipoti. Vi consiglio di regalarlo anche ai vostri amici e agli insegnanti dei vostri bimbi. Vi consiglio di leggerlo.

La mafia non è solo a Palermo e non è solo al potere. La mafia è già in ogni scuola dove un bambino si senta in dritto di spadroneggiare perché “protetto” dalla paura dei compagni o dal congnome della famiglia. La mafia è nelle scuole dove un insegnante o un preside non hanno la possibilità di fare al meglio il proprio lavoro perché l’omertà è già di casa.

La mafia si sconfigge da piccoli insegando ai bambini a non voltare lo sguardo quando un compagno è vittima di prepotenze, facendo in modo che non si interiorizzi e diventi normalità la “legge del più bullo”.
La mafia si sconfigge da piccoli non lasciando i bambini soli e fornendogli gli strumenti per dire no.
La mafia si sconfigge da piccoli essendo informati di cosa sia e di chi ogni giorno della propria vita ci ha lottato e/o continua a lottare (anche nel piccolo).

Perché per sconfiggere la mafia non è necessario essere un supereroe:

Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere.
Giovanni Falcone

Grazie a tutti coloro che, qualunque sia il lavoro, ogni giorno fanno il proprio dovere.

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